L'icona Bizzantina della Basilica delle Grazie

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L’icona Odighitria: storia e comprensione teologica

La storia non ci ha tramandato purtroppo informazioni certe e sicure sull’icona mariana che campeggia nell’abside della basilica delle Grazie. Non rimane infatti traccia della documentazione originale, se non trascrizioni posteriori, che però non ci garantiscono l’autenticità delle informazioni.
Di certo l’immagine sacra non viene nominata nel testamento del marchese Taddeo d’Este, fatto che permette di ritenere che l’arrivo della stessa abbia seguito una strada autonoma.

Un percorso difficile da ricostruire per l’oggi, in quanto l’unico risultato che abbiamo è la presenza di un grande quadro, che rappresenta la madre di Dio sotto il titolo dell’Odighitria, colei che indica la via. Non è possibile nemmeno affermare con sicurezza in quale modo l’icona sia giunta sino a noi. Con buona certezza possiamo dire che tutti coloro che hanno voluto venerare la madre di Dio si sono soffermati nei secoli di fronte ad un quadro di grandi dimensioni, che sfugge in parte dai canoni della pittura di icone sacre.

La pittura dell’icona, nel mondo dell’arte sacra bizantina, non era solamente un esercizio dell’arte, ma rispondeva a precisi canoni che servivano all’artista come indicazioni per creare un’immagine della madre di Dio o dei santi che potessero ispirare il fedele che contemplava il dipinto ad avvicinare la propria anima a Dio ed essere guidato nella preghiera.
Lo stesso pittore si preparava con una cammino non solamente tecnico ma pure spirituale, in quanto egli era consapevole che l’icona, ben dipinta, poteva essere considerata un’opera di Dio stesso, che esprimeva la sua perfezione attraverso le mani dell’iconografo.
L’icona veniva dipinta in genere su una tavola di legno, spesso di tiglio, larice o abete. Sul lato interno della tavola veniva effettuato un solco detto scrigno, al cui interno si iniziava a tratteggiare il disegno.
All’interno di quest’opera, con l’immagine della Madonna delle Grazie che si distacca da queste indicazioni per la grandezza delle sue dimensioni e la maestosità della rappresentazione della Madre di Dio, un ruolo essenziale è dato dai colori, che fanno capo ad un ben precisa tradizione.
Il blu rappresenta infatti il colore della trascendenza, del mistero della vita divina. Il rosso è invece simbolo dell’umano, e del sangue versato dai martiri, mentre il verde indica la natura, la fertilità e l’abbondanza. La parte terrestre è designata dal marrone. Infine il bianco è il colore dell’armonia, della pace, la rappresentazione della luce divina.
Nell’immagine della nostra Madonna, che appartiene al genere dell’Odigitria, ossia di Colei che indica la strada, con lo sguardo rivolto verso i fedeli, ai quali indica il bambino Gesù che presenta e offre per noi un rotolo che contiene i testi sacri dei vangeli, si intuiscono poi le lettere dipinte, segno dell’ortodossia dell’immagine.
Infatti, dopo l’eresia di Nestorio, il pittore sacro era solito dipingere accanto al volto del Cristo la dicitura “IC XC”, l’abbreviazione greca per Gesù Cristo, e accanto al volto della Vergine i caratteri “MP OY”, ossia Madre di Dio.
Un’ultima considerazione: il fedele attento potrà notare che nell’aureola che circonda il volto della Madonna, al tempo stesso austero e solenne, ma con una ricca e dolce grazia materna, sono riprodotti i simboli dei 4 Evangelisti. Un preziosismo artistico che indica la cura con cui l’autore sacro, ancor oggi ignoto, ha voluto dare lode ed offrire ai fedeli una possibilità di lode alla madre di Dio.

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